Inizio a fare politica attiva nel 1994 – 1995, forse purtroppo con le persone sbagliate, ero una persona onesta, un “agnellino” buttato nella fossa dei leoni. A Destra sono caduto, pensavo avendo un nonno di estrema destra e uno di estrema sinistra, mah si proviamo… non avrei mai creduto che dietro ci potesse essere tanto ma tanto lerciume, ma cosi tanto che “Riina” a confronto poteva essere considerato un Santo. A me piaceva essere al servizio della gente, delle persone che mi avevano votato e anche di chi non mi aveva votato, io interpretavo politica= gestione della cosa pubblica, risolvere i problemi, migliorare la vita dei cittadini…. ma cosa, tutte barzellette, quel poco che fa la politica lo fa per copertura, sotto sotto ci sono sempre interessi, interessi milionari e posti di lavoro che poi diventano migliaia di voti e preferenze. Eh ma io considerato da sempre “un arcoto anomalo” usavo la testa, osservavo, subivo ma memorizzavo tutto poteva servire. Passano gli anni acquisisco fiducia ma sempre guardato a vista, nulla li sempre pronto il cugino del boss o del killer pronto ad ostacolarti non puoi avere troppa visibilità gli guasti i piani, i progetti mirati alle preferenze, ed allora cominciano le offese, cominciano ad alzarti barriere e a crearti difficoltà, mettono pregiudizi e veti agli incarichi che per capacità e volontà potresti avere, e allora cominci a stufarti a non vivere bene anche se una parte di politica buona c’è non è sufficente a tutelarti e si alza sempr edi più il tiro per isolarti e intimorirti, tanto da mettere mano alla prossima tornate elettorale persino alle schede, ma anche li nonostante le correzioni sulle schede in una sezione intera fatti con matita di altro colore nessuno vede ed il Presidente deve tacere chissà perchè…. nella stessa tornata elettorale saltano gli accordi tra gli attori principali della politica ed in una serata stranamente si danno alle fiamme sette otto automobili… alla faccia della politica e delle persone per bene… intanto io cambiando schieramento triplico le mie preferenze, avevo lavorato bene, ma purtroppo l’ambiente quello è non si può cambiare, ci sono interessi che disconosco ancora oggi, che un “burattinaio” che in determinate zone muove i “pupi” come meglio crede… e se non si muovono come vuole lui i “pupi” si cambiano. Inutile prolungarmi… fatto sta che arriva la tornata elettorale del 2006/2007 ed oltre a farmi fuori politicamente, da accordi tra un grosso movimento civico a destra che assolda come attacchini la manovalanza di un giovane boss del quartiere, questo giovane boss tra altro in quel periodo fa società con un altro imprenditore che aveva un figlio che apre la mia stessa attività in zona, strane “coincidenze”, fatto sta che gli attacchini tutto fare di questo giovane boss non si limitano a distruggermi politicamente, ma prelevano i clienti fuori dal mio negozio e li portano in macchina fino al negozio del figlio del socio del loro “padrone”, un continuo, mi si crea il vuoto in poco tempo…. premetto che intanto avevo subito e denunciato diverse minacce decine, tra le quali dannegiamenti, colpi di pistola e fucile lasciati in cassetta e sulle ruote della moto, dannegiamenti agli esterni del negozio, e per concludere a luglio del 2007 se errore non faccio un pacco incendiario lasciato sulla porta dell’attività e reso innocuo dall’impagabile amico e Comandante di allora della Stazione dei Carabinieri Giovanni I., li ho capito che non c’era storia avevo a che fare con animali non con persone…. ma con bestie sataniche… un giovane legato a questo gruppo che avevo sempre aiutato e al quale ho insegnato quasi tutto dell’informatica dopo l’attentato che ha distrutto la mia attività mi racconta tutto dandomi i nomi degli autori….. e il mandante e le motivazioni…. non ho mai fatto il suo nome lo avrei condannato a morte… anche se purtroppo anni dopo è morto ugualmente…. condannarlo non avrebbe cambiato la mia situazione che era già molto chiara e definita con mandanti e cause… anche se poi si è avviato un procedimento che non si è mai chiuso… Reggio città meravigliosa in mano a persone balorde…. da allora ogni cosa che faccio viene rovinata sempre e solo dalle stesse persone appartenenti allo stesso ceppo politico o mafioso e sinceramente mi sto stancando di non reagire…. nell’esercito mi hanno insegnato a difendermi e a difendere la mia Nazione, per me sarebbe un nulla fari Giustizia da solo… ma mi piace stringere la mano a chi mi ha rovinato la vita e sorridere perchè in quel momento loro muoiono ed io vivo… non ho paura, mai avuta… non ho fatto male a nessuno mi hanno fatto male e continuano a farmene nel silenzio delle Istituzioni Amministrative, Politiche, Giudiziarie e Governative, non è bello da vivere… un poliziotto corrotto beccato a giocare a carte clandestinamente con mafiosi e poi gambizzato viene trasferito e viene di nuov trasferito per cose simili mi ha fatto lottare 7 anni per dimostrare di non aver commesso un reato che effettivamente e successivamente appurato da A.G. dopo 7 lunghi anni con assoluzione perchè il fatto non sussiste solo perchè legato alla solita famiglia malavitosa autrice della mia fine come Imprenditore. Un Comandante dei Carabinieri finisce sotto inchiesta per abuso ed altro, aveva in carico la mia vigilanza generica radio controllata ed invece di tutelarmi diceva ai mafiosi ed ai parenti dei mafiosi di denunciarmi…obbligava i militari della sua stazione a fermarmi ogni volta che uscivo con la moto o la macchina (poi confermato da un sottoufficiale e da diversi Carabinieri) , insomma che devo ancora scrivere per rendere credibile la mia storia i nomi e i cognomi potrei pure farlo ma cosa cambierebbe… qui a Reggio nulla…. Fatto sta che io lotto ancora per sopravvivere e mi ritrovo a lottare con manovali e logotenenti di questa famiglia smembrata per altri motivi oramai dalla DDA Reggina, generando tanti cani sciolti addestrati a fare vittime…. hanno provato a farmi passare per non attendibile non riuscendoci…mi hanno ostacolato in tutto… ma ho sempre ribaltato la situazione.. ora però lotto da oltre 9 anni perchè un altro ramo politico di Destra legato alla mafia locale mi ha fatto perdere la casa… dove ero e sono residente e che ho sistemato recuperando un ufficio previa autorizzazione delle Autorità Governative, fatto sta che un delinquente, fratello di delinquenti, già avente in uso regolare altro alloggio popolare mi ha occupato la casa.. col bene placido della politica, stavolta di sinistra, e della polizia locale… e di un cugino che ha al patrimonio edilizio regionale… ancora è li… mi ha minacciato di morte… mi ha rubato la corrente… tutto ciò che avevo nella casa ufficio e nella cantina… ma nonostante le denunce in Tribunale mi viene detto che non ho nessun titolo per contestare l’occupazione… allora mi chiedo è i soldi dell’antiracket spesi la dentro? E sopratutto come fanno a lasciarlo quando la moglie è residente in un alloggio popolare insieme alla madre e del quale hanno pieno utilizzo… e in virtuù del fatto che io ancora sono residente in quell’alloggio… ??? Nessuno sa rispondere… Ordinanze di sgombero a Reggio si fanno a famiglie con disabili o minori…a delinquenti senza titolo non si possono e non si devono fare chissà perchè… Allora mi sto chiedendo chissà cosa penseranno in Prefettura, alla Consap e alla Commissione Nazional Antiracket se gli faccio sapere che la casa sistemata con i fondi dello Stato Italiano per le vittime della mafia ne sta usufruendo un abusivo che è stato persino in carcere e con fratelli con seri pregiudizi di polizia e senza che nessuno nonostante le denunce stia muovnedo un dito per ripristinare la legalità…. LIBERA dove sei, Antiracket dove sei… Autorità Giudiziaria dove sei? soprattutto Giorgia Meloni e Salvini, La Russa, Gasparri dove caxxo siete e come potete permettere questo…. Mi vergongo non di essere reggino ma Italiano.
Per concludere, il “boss” mafioso che fu il mandante della distruzione della mia attività non si sa nemmeno dove sia finito, il socio allo stato attuale è messo male più di me ed il figlio che aveva aperto l’attività come la mia ha chiuso dopo sei mesi… i manovali che dopo l’inaugurazione di un circolo la notte del 10/09/2007 hanno distrutto la mia attività sono tutti eccetto due sistemati… uno ha cambiato famiglia di appartenenza e lavora presso una Società Comunale sistemato per la pensione, uno fa il corriere con contratto a tempo indeterminato, un altro lavoro con il suocero in una ditta di artigiano locale, gli altri due entrano ed escono dalla galera…. e come diceva un amico mio che non c’è più “e tutto il resto è vita”.
E questo per me è solo l’inizio rivoglio la mia vita e il mio lavoro, e soprattutto la mia casa sia chiaro.

Distrutto dalla ‘ndrangheta e abbandonato dallo Stato

di Claudio Cordova – La svolta arriva nella notte tra il 9 e il 10 settembre del 2007, quando il suo negozio di prodotti informatici viene devastato da un’esplosione. E’ l’atto eclatante. Prima e dopo, però, la vita di Salvatore D’Amico, 39enne commerciante

 

di Reggio Calabria, assume, connotati inquietanti e drammatici. L’attentato dinamitardo subito dall’attività commerciale di Salvatore D’Amico è solo l’atto finale di una lunga serie di brutti ed inequivocabili segnali, minacce e danneggiamenti. Episodi che D’Amico denuncia ai Carabinieri: si va dalle cartucce di fucile e di pistola posizionate nei pressi dell’attività commerciale (sita sulla via Nazionale di Archi, ndi), al rinvenimento di una bottiglia contenente liquido presumibilmente infiammabile, fino alle minacce telefoniche tramite sms.

Le minacce e le seguenti denunce cominciano nel periodo in cui D’Amico svolge attività politica presso la X^ Circoscrizione di Archi, dove nella legislatura del 2001 ricopre l’incarico di presidente della “Commissione Attività Culturali, Ricreative e Sportive”. Potrebbero essere legati anche alla politica i drammi di Salvatore D’Amico: i dissapori e i problemi, anche gravi, nascono dopo la scelta del commerciante consigliere circoscrizionale di abbandonare la lista di Alleanza Nazionale, nella quale era stato eletto, per passare all’UDC, quando qualche consigliere non gradisce la sua scelta cominciano le aggressioni verbali e le minacce tramite sms.

Poi, nel marzo del 2004, l’apertura dell’attività commerciale: un calvario fatto di danneggiamenti, che si conclude con la distruzione dell’intero immobile, nel settembre del 2007, tre anni e mezzo dopo l’apertura. Da quel momento comincia una seconda parte del calvario di Salvatore D’Amico, fatto di silenzi, solitudine, dinieghi e rimandi. Ad oggi, infatti, a distanza di quasi due anni dall’evento, sul quale indagano due magistrati della Procura della Repubblica di Reggio Calabria (i pm Ronchi e Arena), Salvatore D’Amico, pur avendo inoltrato una richiesta ai sensi della legge 44/99 che regolamenta le “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura”, non ha ancora ricevuto un centesimo a titolo di risarcimento per l’attentato subito, sebbene una perizia dello scorso gennaio quantifichi i danni materiali subiti dalla sua attività commerciale in 94.685,00 euro.

Il 28 novembre del 2007, a pochi mesi dall’attentato, infatti, Salvatore D’Amico presenta una richiesta di risarcimento danni ai sensi della legge 44/99, ma, nell’estate del 2008, con la delibera n.371,  il Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Giosuè Marino, non accoglie la richiesta: D’Amico non avrebbe ricevuto richieste estorsive, quindi, nonostante i danneggiamenti e la distruzione della propria attività commerciale, secondo Marino e il suo ufficio, non può essere considerato una vittima del racket. La decisione viene notificata a D’Amico il 30 settembre del 2008. Tre giorni dopo, il 3 ottobre, il commerciante presenta una richiesta di riesame, il cui esito è atteso per i prossimi giorni.

Solitudine, ma, soprattutto, silenzi, da parte di quasi tutte le Istituzioni: “E’ per me di fondamentale importanza – ci dice Salvatore D’Amico – sottolineare la vicinanza della Prefettura, nella persona del Prefetto Musolino e della sua segreteria, nonché del Direttore della Confcommercio di Reggio Calabria, Attilio Funaro e della sua segretaria, la dottoressa Bianca Scalfari, che non mi hanno mai abbandonato”. Uniche eccezioni istituzionali, in un mare di indifferenza: “Mi preme evidenziare – aggiunge D’Amico – anche la vicinanza dei ragazzi del Collettivo Studentesco “Libera Lotta”,  capeggiato da Antonino Martino”.

Difficoltà, drammi: dopo l’attentato incendiario della propria attività commerciale, discretamente avviata, Salvatore D’Amico, quasi 40enne, è costretto a ritornare a vivere con i propri genitori, ma non si dà per vinto e prova e riprova a rifarsi una vita, senza trascurare il diritto, innegabile, di ottenere giustizia. Scrive anche a Francesco Forgione, allora Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, scrive una lunga lettera, nella quale espone la propria situazione e chiede un aiuto istituzionale. Complice, forse, la caduta del Governo Prodi, Forgione non farà in tempo a rispondere da Presidente dell’Antimafia, lo farà solo nei mesi successivi, dopo l’esclusione del suo partito, Rifondazione Comunista, dal Parlamento italiano.

Un negozio totalemnte distrutto, danni per quasi 100mila euro. Accanto alla sete di giustizia, però, Salvatore D’Amico, tenta di ricominciare una vita, anche imprenditoriale: ha inizio così una lunga serie di richieste inoltrate presso l’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Il 17 aprile inoltra una lettera al sindaco Giuseppe Scopelliti nella quale chiede il rilascio di una concessione a titolo oneroso di uno spazio pubblico per avviare una nuova attività: “Ho inoltrato la richiesta al Comune, – spiega Salvatore D’Amico – perché, nonostante i ripetuti tentativi, non sono riuscito a ottenere l’affitto di alcun locale, poiché gli ipotetici locatari hanno paura a concedere i loro beni in affitto a persone come me che sono stati oggetto di attenzione da parte del crimine organizzato”.

Il 20 aprile del 2009, inoltra al Comune di Reggio Calabria tre diverse richieste di concessione di aree costiere, quelle per intenderci, inserite nel cosiddetto “piano spiagge”, per realizzare una zona turistico-ricreativa. D’Amico individua tre aree, una a Pellaro, una a Calamizzi e, infine, una nelle Spiagge Bianche nel rione Gebbione: tutte aree da sottoporre ad interventi di bonifica o rinaturalizzazione. Il settore “Qualità ambientale” del Comune di Reggio Calabria protocolla la richiesta di D’Amico già il 28 aprile, respingendola a causa della “assoluta genericità e mancanza di documentazione allegata della stessa”, spiegando che “le istanze potranno essere presentate solo dopo l’approvazione definitiva del nuovo Piano Comunale delle Spiagge” approvato, peraltro, proprio il giorno prima, il 27 aprile.

Sempre il 20 aprile, inoltra un’altra missiva, al sindaco Scopelliti e al consigliere comunale, con delega alla Legalità, Giuseppe Sergi, nella quale chiede lumi sulle modalità necessarie per accedere al protocollo d’intesa, riservato ai soggetti colpiti dalla criminalità organizzata, “Vedo, sento, parlo”, firmato nel febbraio del 2008.

A distanza di quasi due mesi, l’unica, circostanziata, risposta del Comune è rappresentata dal “no” alla concessione di un’area costiera demaniale. Nessuna risposta, invece, sul famigerato “Vedo, sento, parlo”, che, invece, dovrebbe costituire una “cura” parziale, ma immediata, per commercianti ed imprenditori taglieggiati dalla criminalità organizzata.

Sono passati quasi due anni da quel settembre del 2007, Salvatore D’Amico è stanco ma non molla: “A breve dovremmo ricevere il responso del riesame della pratica ai sensi della legge 44/99 – spiega -. Continuerò a lottare, perché credo nel lavoro. Da quest’esperienza negativa, comunque, nascerà un’associazione antiracket, antiusura, in difesa dell’educazione dei giovani e dei diritti civili. Si chiamerà RHEGION FREE”.

Un dramma circondato da una solitudine di cui si è macchiato soprattutto quello Stato, nei suoi vari livelli, che dovrebbe invece tutelare la gente onesta: se e quando arriverà il risarcimento pecuniario per l’attività commerciale distrutta, nessuno restituirà una vita “normale” a Salvatore D’Amico.

 

Giovedì, 05 Gennaio 2012 15:01

Niente tasse per chi denuncia il “pizzo”

mini 8708-dattolaLuciopresidentedellaCameradiCommerciodiReggioCalabriaREGGIO CALABRIA – Dalla Camera di Commercio di Reggio Calabria arriva una brillante iniziativa mirata a combattere la ‘ndragheta ed in particolare il racket. «Le imprese che non si piegheranno al racket saranno esentate dal pagamento del diritto annuale» rende noto il presidente della Camera di Commercio di Reggio, Lucio Dattola, in una nota – «In pratica imprenditori, commercianti e artigiani vittime di reati di estorsione, corruzione e usura che hanno denunciato i loro aguzzini e hanno collaborato con l’autorità giudiziaria, fornendo elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione e/o cattura degli estorsori e usurai, usufruiranno per cinque anni di un contributo annuale come rimborso di quanto dovuto e versato come tassa camerale. E i primi imprenditori a ottenere l’agevolazione saranno Tiberio Bentivoglio, comproprietario assieme alla moglie della “Sanitaria Sant’Elia” di Reggio Calabria, Salvatore d’Amico, titolare dell'”Informatica d’Amico” di Reggio Calabria, e Filippo Cogliandro, chef e proprietario del ristorante “L’Accademia” di Lazzaro (Rc). Sono tre imprenditori reggini simbolo della lotta contro le ’ndrine che impongono il pizzo. Tutti e tre sono stati segnalati da “Libera” e sono promotori di “Reggio libera Reggio. La libertà non ha pizzo”, un’associazione che si oppone al racket e alla ‘ndrangheta». «La Camera di Commercio  – continua Dattola – è dalla parte dei reggini che scelgono la via della legalità. Per questo ha voluto rispondere concretamente all’appello dell’associazione “Libera” di sostenere gli imprenditori che hanno avuto il coraggio di rompere il silenzio, denunciare e costituirsi parte civile nei processi esponendo se stessi e i familiari a rischi e pericoli per riscattare la nostra terra. Il percorso di denuncia e di coerenza è difficile, ma è l’unica strada per smuovere le coscienze in una città dove la maggior parte degli imprenditori afferma di non essere mai stato coinvolto in episodi di racket o di usura». «Secondo l’indagine del 2011 (realizzata da Camera di Commercio di Reggio Calabria, Sos impresa, Istituto Guglielmo Tagliacarne e Istituto Piepoli) sulla presenza e sulla percezione dei fenomeni illegali nella provincia reggina, i comportamenti criminosi ritenuti più gravi sono: le estorsioni e l’usura (62,5%). La maggior parte degli imprenditori intervistati afferma di non essere mai stato coinvolto in episodi di racket (92,5%) o di usura (98,2%). Invece secondo Sos impresa il 70% delle imprese a Reggio Calabria sono coinvolte nel pizzo (audizione Sos impresa alla commissione parlamentare antimafia, 4 maggio 2010) e, secondo il rapporto Eurispes 2011, la provincia reggina è una delle province italiane con il più alto indice di rischio usura (97,1%)». «Continuiamo con fatti concreti a sostenere chi combatte la ‘ndrangheta e saremo economicamente vicini alle imprese che si opporranno al racket».

 

 

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